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La Sinestesia : Il vantaggio di “vedere” i suoni e “sentire” i colori

25 Aprile 2020 • in: Consapevolezza

Hai mai visto un sapore? Hai mai toccato un suono, hai mai gustato una musica, o visto dei numeri/mesi/anni in uno spazio organizzato?
A tutti è capitato almeno una volta di ascoltare un suono e di avere – associata alla sensazione uditiva – anche una sensazione visiva (l’impressione di percepire una tonalità di colore) oppure di rivolgere il pensiero a numeri ed a lettere particolari ed immaginarli come dotati di un colore che li contraddistingue o ancora di “sentire” un sapore come “ruvido” – quindi in grado di procurarci quasi sensazioni tattili – o dotato di un particolare colore dominante – quindi in grado di procurarci quasi sensazioni visive.

Quando una stimolazione sensoriale viene percepita non solo dall’organo di senso interessato alla percezione, ma è in grado di suscitare anche sensazioni comunemente associate ad altri organi di senso, ci troviamo di fronte alla sinestesia.

La sinestesia, nella sua forma comune, interessa ogni individuo. Vi sono, invece, persone che vivono l’esperienza di vere e proprie tempeste percettive di fronte a suoni, a colori oppure a sapori ed odori particolari.

Tali soggetti sinestetici – che in grandissima parte sono donne – vivono esperienze sensoriali complesse e multidimensionali. Possono, ad esempio, seguire un brano musicale ed abbandonarsi al flusso di immagini (sensazioni visive) e/o sensazioni tattili – e non solo – che l’ascolto della musica è in grado di suscitare.

Altri soggetti percepiscono le parole, le lettere od i numeri come caratterizzati da tonalità dominanti di colori o serie particolari di bande colorate (in questo caso si cita come caso emblematico il «Sonetto delle vocali» di Arthur Rimbaud).

Molti artisti hanno tentato di pervenire alla sinestesia attraverso l’assunzione di stupefacenti – basti ricordare Charles Baudelaire o gruppi musicali psichedelici. Lo scopo era quello di provocare un “ampliamento” della propria coscienza per riuscire ad interagire col mondo attraverso nuovi ed inesplorati canali sensoriali. In tal senso, la sinestesia viene ritenuta uno stato di coscienza più elevato che permette all’individuo di avere una percezione multi-dimensionale del mondo che lo circonda. A livello neurofisiologico, invece, la sinestesia sembrerebbe interessare il sistema limbico, ossia la parte più antica del cervello – corrispondente a stadi evolutivi antecedenti alla comparsa della corteccia cerebrale – in cui le percezioni non erano ancora ben differenziate tra i vari organi di senso.

Probabilmente molte sinestesie derivano dall’apprendimento (come l’associazione della parola “notte” con la sensazione di oscurità). Tale ipotesi, valida per i casi di sinestesia comune – di cui ognuno di noi ha esperienza – non spiegherebbe i casi in cui la sinestesia si manifesta come vera e propria tempesta di sensazioni, percezioni ed emozioni.

Vi sono senz’altro delle strutture innate che condizionano i modi in cui la sinestesia si manifesta. Ad avvalorare questa tesi vi sono sinestesie osservate in bambini in tenera età ed il fatto che molte associazioni tra stimolo percettivo e risposta sinestetica (cioè multi-dimensionale) siano ricorrenti anche in ambiti culturali differenti.

Interessanti sono gli spunti di riflessione che possono derivare dallo studio della sinestesia partendo dalla prospettiva propria della scuola della Gestalt, che si proponeva come fine l’investigazione sulle strutture innate di organizzazione degli stimoli sensoriali.

Questa strategia poetica è utilizzata dagli scrittori per aumentare la resa emotiva e sensoriale nelle opere letterarie; una multisensorialità, quindi, che ha un preciso scopo, quello di accattivare il lettore suggerendo molteplici dimensioni di una singola stimolazione sensoriale.

Sebbene a scuola vi sia stato insegnato, durante le ore di lezione di letteratura, che questi accostamenti costituiscano solo una figura retorica (la sinestesia appunto) perché non è possibile che un suono sia nero, un profumo luminoso, e un gusto appuntito, la realtà coglie di sorpresa coloro che si sono sempre attenuti a questa spiegazione.

Infatti, non solo non è corretto dire che non è possibile che un suono sia nero, ma vi sono anche persone che vedono i suoni come colorati, unitamente a delle forme astratte (chiamati fotismi), ogni volta che percepiscono uno stimolo uditivo, o che sono in grado di gustare i fonemi (parole) ogni volta che vengono pronunciate. E per queste persone, tali sensazioni forti di colore, gusto e altre risposte sensoriali (chiamati concorrenti), associate ad uno stimolo (detto induttore), costituiscono la normalità della vita quotidiana, tanto quanto è normale dire che un limone ha un gusto aspro.

Che cosa è successo a coloro che sono in grado di esperire tali percezioni?

Soffrono forse di una strana malattia? Oppure sono semplicemente delle menti fantasiose? O, peggio, mentono su ciò che dicono?
Nessuna delle domande sopra citate può ottenere una risposta affermativa che possa spiegare ciò che in realtà è un fenomeno, di nome sinestesia. Si, è nominato esattamente come la figura retorica di cui si è parlato sopra, e non è certo una coincidenza.

Vi sono delle persone che sono in grado di percepire uno stimolo in due o più modalità sensoriali, mentre normalmente esso è esperito solo nella modalità appropriata (suoni tramite l’udito, scrittura tramite la vista, gusto tramite gli organi deputati alla ricezione del sapore, e così via).

Non si tratta di una novità, sebbene la scienza abbia degnato la sinestesia di un considerevole interesse solo negli ultimi decenni, quando lo sviluppo tecnologico ha permesso di verificare la tangibilità cerebrale del fenomeno sinestesico.

Molti uomini di scienza, sin dall’antichità, hanno non solo trattato filosoficamente circa connessioni sensoriali sinestetiche, ma hanno anche tentato di riprodurre il risultato derivante dai meccanismi delle percezioni di questo tipo, cross-modali.

Non a caso la parola sinestesia deriva dal greco sin-aisthánestai, che significa “percepire assieme”; quindi già in tempi molto lontani era ben noto il meccanismo delle associazioni sinestetiche.

Tuttavia, i secoli sino qui trascorsi hanno visto la sinestesia attraversare varie vicissitudini: da mera filosofia estetica di associazione armonica tra suoni e colori a sperimentazione pratica di musica visiva (impresa in cui si cimentò anche Newton), da resoconti che la annoveravano nella lista delle malattie nel XVIII secolo a studi più approfonditi su di essa, degni di essere accreditati (grazie a Galton, dal 1880).

Il fenomeno sinestetico ha dovuto sopportare anche l’esclusione da parte del mondo scientifico, con l’avvento del Comportamentismo in psicologia; le testimonianze dei soggetti che possedevano la sinestesia non bastavano per poter studiare seriamente quest’ultima, in quanto ciò che le persone sostenevano non poteva essere passibile di verifica.

Saranno le invenzioni tecnologiche di sofisticati macchinari utilizzati in medicina, in grado di registrare l’attività cerebrale di soggetti durante le percezioni sinestetiche, ad innalzare nuovamente il livello di interesse da parte di varie branche della scienza; ed è così che oggi la sinestesia è ufficialmente considerata un fenomeno reale, a tutti gli effetti.

Nonostante la “convalida” scientifica sia giunta a partire dagli ultimi decenni del Novecento, durante tutto il secolo scorso (e, comunque, già con gli studi di Galton) l’argomento della sinestesia è stato contemplato, studiato, quasi “rivoltato come un calzino”, alla ricerca di valide spiegazioni, che hanno condotto i ricercatori a dover fare i conti con la complessità del fenomeno.
Oggi non tutte le risposte sono state date in merito al perché, al come e al dove questo fenomeno prenda forma in un individuo; nonostante gli studi abbiano coperto svariati aspetti di essa, la sinestesia è ancora in corso di analisi, date le sue mille sfaccettature e implicazioni fisiche e psicologiche.

Comunque, la base scientifica per poter esplorare nuove conseguenze e connessioni di essa con la vita quotidiana è ormai stata gettata; non resta che seguire i progressi che la ricerca scientifica ci regalerà.

[Tratto da: “Suoni colorati. La sinestesia come strumento di comunicazione”, L. Donetti, 2008]

Quando il caos si fermerà ci renderemo conto di quanto poco abbiamo bisogno, di quanto in realtà abbiamo e del vero valore della connessione umana.

Michela Marini

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